La riforma catastale sta spaventando tutti i proprietari di immobili, Ma cosa cambierà davvero? chi pagherà più tasse?
INDICE
- Cos’è il catasto e come funziona attualmente
- Cosa è successo In parlamento riguardo al catasto?
- Cosa è prevista nell’articolo 6 della legge delega per la riforma catastale
- Gettito fiscale invariato (non aumentano le tasse) e altri provvedimenti
- Cosa succederà adesso?
Cos’è il catasto e come funziona attualmente
Per capire la riforma e come impatterà sulle nostre tasche dobbiamo fare un passo indietro e comprendere come funziona il catasto oggi e a cosa serve.
Il catasto, una vera e propria raccolta di tutti gli immobili sul territorio italiano, serve per pagare le tasse. Nella visura catastale sono contenute tante informazioni, ma la funzione principale è quella di assegnare una rendita e un valore ad ogni immobile sul territorio italiano per calcolare le tasse sulle proprietà immobiliari.
La base di calcolo per ogni imposta è la rendita catastale, una ipotetica rendita attribuita ad ogni immobile. Gran parte delle discussioni sulla riforma del catasto si concentrano proprio su come viene calcolato questo dato.
Tralasciando i tecnicismi, ti basta sapere che in base alla posizione dell’immobile, al suo pregio e appetibilità sul mercato, viene individuata una Tariffa d’estimo. La tariffa d’estimo è un rendita unitaria, ad esempio la rendita per ogni metro quadro o ogni vano.
Moltiplicando la tarriffa d’estimo per la consistenza catastale (quanti vani ha una casa) si arriva a calcolare la famosa rendita catastale.
Se le rendite catastali venissero aumentate, significherebbe un aumento della tassazione su prime e seconde case (salvo le magie che ogni tanto si fanno in Italia come vedremo più avanti).
Proprio di questo aumento delle tasse hanno paura i detrattori della riforma.
Cosa è successo In parlamento riguardo al catasto?
La legge delega, quella in cui è inserita la riforma del catasto, risale a novembre 2021. Si chiama in questo modo perché il parlamento “delega” il governo ad emanare dei decreti legge in alcuni ambiti fiscali, tra cui il catasto. Il 2 marzo 2022 è stato votato un emendamento (una modifica) per cancellare l’articolo 6 di questa legge, che riguarda proprio la riforma del catasto.
Le forze politiche si sono divise su questa decisione. Il centro sinistra, seguendo anche le indicazioni del capo del governo Draghi, si è schierato a favore della riforma, votando contro l’emendamento. La destra, in particolare FdI, Lega e FI sono stati fra i più accesi oppositori della riforma.
L’emendamento è stato infine bocciato in commissione finanza per un solo voto 23 a 22, quindi l’articolo 6 non verrà cancellato (ovvero la riforma va avanti).
A questo link trovato il dossier del parlamento sulla legge delega (vedi articolo 6): http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/FI0160.pdf
Cosa è prevista nell’articolo 6 della legge delega per la riforma catastale
La riforma colpirà sotto diversi aspetti: il mancato rispetto delle regole catastali, l’integrazione fra catasto e uffici comunali e la revisione di rendite e valori catastali.
Gli Immobili abusivi o non censiti correttamente saranno colpiti dalla riforma catastale
Il governo dovrà fornire all’Agenzia delle Entrate strumenti migliori per individuare e censire i seguenti immobili:
- Immobili attualmente non censiti o con qualche difformità catastale (che non rispettano la reale
consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso ovvero la categoria
catastale attribuita); - Terreni edificabili accatastati come agricoli (i cui proprietari pagano meno tasse di quello che dovrebbero);
- Immobili abusivi
In questi casi si parla di chi sta infrangendo la legge, ovvero possiede degli immobili non correttamente accatastati o completamente abusivi.
E su questo si può anche essere d’accordo, dato che le attività di foto-identificazione hanno fatto emergere oltre 1,2 milioni di unità immobiliari urbane non censite in catasto (dato riportato del dossier del parlamento) che determinano un mancato introito fiscale dello stato.
Integrazione tra catasto e uffici comunali
Il governo dovrà far si che catasto e uffici comunali siano integrati. Anche questa mi sembra una buona iniziativa, abbiamo spesso parlato di come questi due enti non comunichino fra loro, aumentando i costi per i cittadini e i rischi nelle compravendite immobiliari.
Spero che questo porti non solo ad una condivisione di dati tra gli enti per individuare chi sta infrangendo le regole, ma anche ad una integrazione che consenta di snellire le pratiche burocratiche relative agli immobili che oggi richiedono doppia presentazione: al catasto e in comune, con aggravio di costi e perdita di tempo.
Aggiornamento del valore patrimoniale e della rendita catastale
Il parlamento ha richiesto che vengano adeguati i valori e le rendite catastali, adeguandoli al mercato attuale. I valori riportati in catasto sono spesso molto più bassi del mercato reale, il divario è dovuto al fatto che sono stati calcolati molto tempo fa (anni ’40,’50,’60).
Questo è proprio il punto che divide e fa discutere l’opinione pubblica, tra chi ha paura di un aumento delle tasse e chi, invece, pensa che la riforma possa portare più equità nel pagamento delle stesse.
Dovranno anche essere previsti degli aggiornamenti regolari di tali valori, in modo da renderli sempre al passo con il mercato.
Sono previste, inoltre, adeguate riduzioni del valore patrimoniale che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione per gli edifici di interesse storico o artistico.
Gettito fiscale invariato (non aumentano le tasse) e altri provvedimenti
A differenza del tentativo di riforma catastale del 2014, in questo caso non sono previsti aumenti di tassazione (per il momento almeno). E’ specificato, nel dossier parlamentare, che rendite e valori aggiornati non dovranno essere utilizzati in nessun modo ai fini fiscali.
Questo punto mi sembra alquanto insensato. Perché spendere risorse per raccogliere informazioni e poi non utilizzarle? E’ un controsenso e non si andrà verso l’equità tanto desiderata, ovvero una più corretta distribuzione delle tasse tra i cittadini.
Nell’ultimo tentativo di riforma catastale era invece previsto che i nuovi valori venissero utilizzati, ma con un abbassamento delle aliquote fiscali in modo da non aumentare l’imposizione fiscale. Ad esempio: se la rendita catastale raddoppia, l’imposta di registro e l’IMU dimezzano. In questo caso ci sarebbe (a mio avviso) una corretta redistribuzione tra chi deve pagare un ammontare più alto, in base ai propri redditi e patrimoni immobiliari, e chi meno.
Gli ultimi due punti della riforma sono presi proprio dal tentativo del 2014:
- metro quadrato come unità di consistenza (anziché il vano catastale)
- Calcolo del valore di mercato in base anche alla posizione e alle caratteristiche costruttive
Riforma Catastale: Cosa succederà adesso?
Anche nel 2014 era stato delegato il governo per riformare la situazione catastale, già allora considerata antiquata e non in linea con il mercato immobiliare dell’epoca. La riforma è stata solo parziale e ha previsto una rivalutazione del 5% delle rendite catastali, in attesa dell’entrata in vigore delle nuove tariffa d’estimo.
Nel 2005, grazie ad una legge che lo consentiva, alcuni comuni hanno richiesto all’agenzia delle entrate un nuovo classamento degli immobili sul proprio territorio. Il risultato è stato di più di 300.000 immobili revisionati e un aumento di rendita catastale complessivo pari a 183 mln di euro, questo per i proprietari significò un aumento delle tasse sui propri immobili.
La paura, per chi è contro questa riforma, è che accada la stessa cosa: un aumento della tassazione sui cittadini, ma su scala molto più ampia rispetto a quanto accaduto nel 2005.
In ogni caso, ancora non è detta l’ultima parola. Il governo deve emanare decreti legge per attuare queste riforme e deve averne il tempo. In Italia nessun governo è durato una intera legislatura e le elezioni del 2023 potrebbero completamente rimescolare le carte della riforma del catasto.